FORMIA – Profilo storico
Formia, dotata di imponenti mura ciclopiche, nella strettoia tra il massiccio calcareo dei monti Aurunci a settentrione e il mar Tirreno, era identificata dagli antichi scrittori e vantata dagli stessi formiani come ca
pitale dei Lestrigoni, i giganteschi antropofagi dell’Odissea: la tradizione, se non il mito stesso, ebbe forse origine dalla presenza degli indigeni Aurunci, che si narra fossero alti e terribili.
Assoggettata a Roma con cittadinanza senza suffragio nel 338 o 334 a.C., diventa caposaldo della via Appia tracciata nel 312 a.C.
Il nome latino Formiae è spiegato dai classici con la pronuncia di quello greco Hormiai, ormeggi, datole per gli agevoli approdi con copiose sorgenti, al riparo del meridionale promontorio di Gaeta (Cajeta) allora parte del suo territorio.
La trasformazione secondo i canoni urbanistici romani avvenne in tempi brevi dall’ottenimento della cittadinanza piena nel 188 a.C., con la sovrapposizione della tipica struttura funzionale dell’amministrazione municipale incentrata sul Foro, all’incrocio dei principali assi viari ortogonali di ordinamento del decumanus, concretizzato con il passaggio dell’Appia all’interno del preesistente insediamento (via Rubino – via Lavanga) e del cardo (via Gradoni del Duomo) condotto dall’acropoli sede di un tempio a Giove, attuale quartiere di Castellone.
Il rinnovamento urbanistico si caratterizza ulteriormente dall’età augustea con gli edifici del teatro a ridosso del Foro, ampliato verso il mare, e dell’anfiteatro presso il porto artificiale. Quest’ultimo, di indispensabile funzione militare e commerciale, costituiva l’accesso privilegiato della città: venne esteso verso oriente alla zona rifornita di sorgenti, presso l’attuale quartiere di Mola.
Caratteristica prevalente su tutto il litorale furono le ville, distintive per vastità, ricercatezza e per lo più dotate di impianti di itticultura (piscinae), che hanno consegnato Formia alla storia come prestigioso centro di otium. Tra esse spicca quella di Mamurra sul promontorio di Giànola all’estremità orientale del suburbio, con due ali a terrazze e portici incentrati su un originale edificio ottagono, poi divenuta una delle proprietà imperiali del golfo. Inoltre quella di Cicerone, luogo della sua uccisione il 7 dicembre del 43 a.C., situata sul litorale di Vindicio verso Gaeta in corrispondenza del tradizionale sepolcro posto sull’Appia, dove nel Medioevo vi si localizzava il “vico ciceriniano”.
Tra le ville urbane ‘marittime’, presso il Porto Caposele, una falsamente è attribuita a Cicerone, un’altra nell’attuale Villa Rubino mostra due eccellenti prototipi di sale con volte su colonne di impronta vitruviana.
Ulteriore segno della frequentazione aristocratica del suo territorio sono i mausolei contestuali alle ville nella parte del porto naturale di Gaeta, oltre a quello di Cicerone, di Lucio Sempronio Atratino e di Lucio Munazio Planco. Ancora, in località San Remigio, presso una fontana pertinente il tratto della via Appia verso Roma rinnovato dall’imperatore Caracalla, si individua il monumento funerario signorile di un Marco Vitruvio, la cui epigrafe con diverse altre relative la gens assegnano a Formia la più probabile patria di Marco Vitruvio Pollione autore del celebre trattato “De Architectura” dedicato ad Ottaviano Augusto.
Nuovo impulso urbanistico di Formia si ha nell’età degli Antonini, come risulta dalle iscrizioni in coincidenza con l’elevazione a colonia da parte dell’imperatore Adriano.
I reperti, in parte raccolti nel Museo Archeologico Nazionale, evidenziano un intenso traffico marittimo nella varietà e profusione dei marmi e l’influenza culturale dell’oriente ellenico: distintive per qualità le statue provenienti dall’area del Foro, le parti di decorazioni parietali, nonché le rilevanti iscrizioni onorarie.
La decadenza è segnata dalle varie incursioni, culminate nel IX secolo con quelle saracene e con il trasferimento del vescovo nel castrum di Gaeta già presidio navale romano, di conseguenza elevandolo a civitas, capoluogo di un fiorente ducato marinaro. La città antica permase in due borghi: Castellone sull’acropoli, prossimo alla cattedrale sulla originaria tomba di Sant’Erasmo, mutata in abbazia benedettina; Mola a ridosso del porto, per la concentrazione di mulini ad acqua. Questi due abitati furono fortificati e variamente dipendenti dalla città di Gaeta e dalla potente famiglia Caetani di Fondi, investiti da assedi e distruzioni piratesche o nei conflitti del Regno di Napoli. Tuttavia la prepotente presenza delle sue antichità, descritte dal XVI secolo dai viaggiatori europei nel tragitto del Grand Tour, ha perpetuato la memoria della dignità municipale che verrà riconquistata nel 1799 con la ‘La Comune di Formia – Mola e Castellone’: ne fu simbolo la ‘Colonna della Libertà’ (largo D. Paone), che dispersa per 98 anni è stata nuovamente eretta dal Lions Club Formia nel 2012 con aggiunta di epigrafi sulla storia cittadina.
Lion arch. Salvatore Ciccone